sabato 23 ottobre 2010

Check in

Ma quanta roba hai in quella borsa? No, una roba incredibile, ti pesa un quintale…

Eh, ma è tutta roba che mi serve, sai, io esco di casa alle 8 del mattino, e tra lavoro, aperitivo, serata va a finire che torno anche a mezzanotte! 

Ma quindi sono tutti materiali da restauro? 

No, che ti credi, ho una vita io! Ci sono un sacco di cose (effettivamente è un sacco) ma non sono mica tutti trucchi… e non è questione di essere una donna, sono proprio cose che mi servono! 

Sì certo, intanto solo il settore trucco e parrucco pesa almeno tre etti e poi in faccia non ti metti niente…

No no aspetta, senza voler aprire un dibattito sul makeup (che non reggeresti), non esiste motivo per andar in giro conciata come un pagliaccio, ma forse ‘sta bustina è il caso di assicurarla…dentro c’è un capitale… dammi qua! Eppoi, anche volendo fare una selezione delle cose che ho in borsa, sta’ pur certo che se tolgo il kit di medicine o la lima per le unghie è automatico che il giorno dopo mi serve! 

Sì, ma di tre smalti che te ne fai? 

Eh … se mi si scheggia lo correggo! 

Ho detto tre …Tre smalti!? 

Eh vabbè uno me lo son dimenticato dalla settimana scorsa, poi il terzo è il trasparente, no?  

Ma almeno soldi e documenti li hai? Questo portafoglio alto un metro a che ti serve? 

Mi serve tutto: soldi, badge del pranzo, il coso per timbrare al lavoro…tutte le carte fedeltà del mondo …perché, sai, io sono una ragazza fedele! (“_”) ..e  i documenti stanno dall’altra parte! 

E di lavoro fai la spia russa, guarda qua, quanti passaporti hai? 

Te lo do io il passaporto, caro…

A scanso di equivoci aggiungerò che mancano all’appello almeno un deodorante e un “profumo da borsetta”, almeno un paio di usb miste, un bis di pacchetti di gomme/caramelle/sigarette, sette accendini, si rileva inoltre un sottobosco di orecchini singoli, anelli, detriti di penne che si sono smontate strada facendo, post –it con l’iradiddio appuntata sopra. A me non sembra sia proprio tanta roba, comunque accettiamo la critica costruttiva e le faremo sapere.
Morale della favola? Una donna se ne va in giro con una scorta infinta di cose, sempre diversa, per essere pronta a tutto, sempre. Per il momento i maschi non sono ancora così evoluti e si limitano alla triade portafoglio – cellulare – chiavi della macchina e personalmente ritengo ributtanti gli esemplari dotati di borsellino, non mi esprimo nemmeno sulla barbara moda del tascapane da pastore sardo di qualche anno fa.
Ma ci sono altre cose che ci portiamo sempre dietro, quelle alle quali non rinunceresti per niente al mondo. E stiamo parlando di valigioni, signoramia, stipati di varietà di cose belle. Ti porti sempre in giro la prima carezza che non fosse solo affetto, le vacanze con le amiche, le tue conquiste personali, il tuo stare con te stessa. Ma ci sono anche stracci e immondizia, c’è quel momento in cui senza dubbio ti sei sentita rifiutata, la delusione  del non essere abbastanza, e allora ti serve il rimedio a queste brutte sensazioni, quindi  carichiamoci anche di un pizzico di indifferenza, di sospetto, e soprattutto un cappotto pesante per non mostrare come sei sotto, da nuda.
Esiste un rischio, però… alla fin fine le cose che ti fanno sentire sicura sono un tot, poi si perde il senso delle misura e arrivi a portarti via un container di robaccia che non fa altro che impedirti di vivere, come pretendere di imbarcare un 20 kg di bagaglio a mano….Diamogliela vinta….la critica costruttiva sulla mia borsa che pesa un quintale è anche benaccetta, perché come sempre lanciando un sasso nello stagno non puoi sapere fino a dove si allargheranno i cerchi che ne nascono… mille punti, campione!

venerdì 22 ottobre 2010

"...e cosa mi racconti di te?"

Accade che ci si incontri, girando il mondo. Accade che ci si piaccia da lontano, in mezzo alla gente, e prima o poi la distanza diminuisca. Quindi ti ritrovi davanti il giovanotto in oggetto, l’ormone dice bene, ci son o milioni di chiacchere sul piatto, vorresti concludere cose zozze all’istante ma fai la signora giocando l’arte della conversazione. Cosa fai, come stai, ah conosci anche tu tizio… sembra sveglio, il giovanotto, forse quegli occhi scuri non nascondono solo un nervo ottico…

Poi lui gioca una strana carta: “...e cosa mi racconti di te?”
NOOOOOOOOOOOOOOO! momento di smarrimento, momento di gelo, momento di scazzo, nell'ordine! ecco, di mio, mi sento gelare! Perché te la devi guadagnare, questa meravigliosa panoramica su di me! Mica ti posso raccontare per filo e per segno gli ultimi tre anni della mia vita, mica puoi sapere subito quali sono state le grandi vittorie e le tremende sconfitte che il mio cuore ha provato, no, ciccio, non lo puoi sapere subito! Sarebbe come andare al supermercato e assaggiare ogni scatola di gelato prima di passare alla cassa. Cioè, deciditi, esiste anche la possibilità del mordi e fuggi, ma sinceramente mi sembri orientato su altro…e allora ci vuole delicatezza! Ci vuole tempo perché una persona si mostri, io ti ho forse chiesto il saldo del conto in banca?
Sarà che il cielo mi ha fatto femmina, e pure strana, ma a me non sarebbe mai venuto in mente di chiedere “Cosa mi racconti di te?” nemmeno alla prima uscita, ma neanche ad un passo dall'altare!  Cos'è, vuoi la soluzione a tutto subito? Mi metti fretta, mi metti angoscia, io non voglio scoprire nessuna carta pigliatutto con te, ma con nessuno in generale, sarebbe come essere un quarto di vacca esposta in vetrina dal macellaio!
O forse sono io? O forse sono rimasta talmente ossessionata dall’aspetto segreto di una relazione che anch’io mi sento un agente segreto? Ammetto solo domande generiche per tot incontri, non ti faccio vedere niente di me fino a quando non lo decido io? Ma per complicare le cose, se il cuore è così chiuso, il corpo lancia messaggi incoraggianti, a dimostrazione che è comunque più semplice andare a letto con qualcuno che fargli vedere una fetta di cuore…
Questa situazione la risolvo come sempre con il mio leggendario fatalismo: se doveva andare, sarebbe andata, e basta! Di certo so come rispondere al prossimo che mi chiederà “Cosa mi racconti di te? ” al primo incontro…mi sono preparata un discorsetto!

lunedì 11 ottobre 2010

Letterina a BruttoCattivo

...sto imparando a gestire i tempi, con te… e i silenzi. I tuoi tempi, e i miei silenzi, che sono, entrambi, oggetti nuovi per me.  E quando mi chiedi cosa voglio dalla vita io ti guardo stranita, perché probabilmente voglio quello che chiunque vuole per sé: l’espressione del profondo, di un desiderio, di un valore intrinseco. Che è molteplice quanto gli individui su questo mondo. Probabilmente la vita è un grande viaggio alla scoperta di questa vocazione, sulla base delle doti che abbiamo, tutto sta a scoprirle, guardandosi dentro e modificando quello che abbiamo intorno. Ma ogni tanto la vita ti impone un bivio: o ti abbandoni ai flutti dell’oceano nel quale sei immerso, quasi senza controllo, o rimani un po’ più aderente a quello scoglio irriducibile che sei, rischiando di vedere questa corrente marina infrangersi contro te. La corrente è fatta di staffilate, graffi, lacrime e anche dubbi. Vuoti. Assenze. Momenti di pausa. Queste le regole del gioco, questo il sottofondo musicale che ho scelto di vivere, per me. Tutto questo è già stato valutato come il cambio di rotta.  Ma non ti dico nulla di nuovo, solo rimango stupefatta dal modo in cui l’hai chiesto, chirurgico, crudele, spietato. Ora risulterà che non era quello l’intento e il modo, risulterà anche che ho voluto parlare solo di me, quindi mi hai dato la risposta che mi occorreva. Quella più comoda per me in questo momento, forse quella che tu credi possa evitarmi un sacco di casini, forse proteggermi da … te? Perché la vera risposta io non la posso capire, non per questioni di intelligenza… che siano punti di vista, esperienze? Mistero. Verrà il momento, se deve venire. Ma io voglio grandi risposte? No, non intendo sposarmi la settimana prossima. Ma mi fa soffrire una comunicazione interrotta per un difetto di linea, se partono dei messaggi che arrivano distorti, mi fa soffrire un canale tv che mostra solo un monoscopio di indifferenza, se poi scopro che così in realtà non è.  Queste cose mi fanno soffrire perché sono esattamente inutili quanto sono necessari i tempi che ognuno di noi si prende.  Se poi tu non esprimi quello che senti, non è automatico che la persona che hai davanti debba capire comunque. Soprattutto se questa persona conosce il 2% di quel che sei e non riesce ad andare oltre perché non c’è spazio. Non c’è aria. Non c’è volontà?

Permettimi la domanda...

A che punto di una frequentazione si scoprono le carte dei sentimenti? Fino a quando appuntamenti, telefonate, messaggi, e mail si nutrono di puro, adamantino “mi piaci”? ci sono relazioni nelle quali il punto di non ritorno delle parole viene superato velocemente, siamo esse grandi passioni o amori adolescenziali,  e in men che non si dica si arriva al “ti amo”.  

Alcuni spiriti illuminati, invece, sopravvivono sorridenti al situazioni indefinite e indefinibili a suon di parole mortali.  Ogni coppia ha i suoi tempi, peggio ancora: ogni persona si muove secondo un suo personalissimo copione dei sentimenti. Il dilemma nasce nel momento in cui, posto l’assioma per il quale parliamo di due persone distinte e dotate di maldestra conoscenza dell’Altro, da una parte nasce il desiderio di definire, di “definirsi”, mentre l’altro bandolo del discorso se ne rimane sospeso nel ghiaccio siderale della pura felicità o nell’acqua torbida dell’affezione ormonale. E non raramente le due parti si incarnano in una Lei, il primo caso, e in un Lui, il secondo bandolo. Che biologicamente le donne abbiano bisogno di “definire”  e nomenclare, è assodato. Ma nel momento in cui il desiderio diventa affezione, l’affezione diventa affetto e l’affetto diventa innamoramento…beh, la biologia cede il passo.  E ci si ritrova a far domande, rigirare discorsi, chiedere conferme. Ormai baci, abbracci, frittate di passione mista non bastano più. Il tutto con la sensazione di rovinare bei momenti. Vince chi aspetta, vince chi fugge? Vince chi si tiene fermo il cuore dentro al petto con una mano e con l'altra cerca l'amato bene?

...trovarsi

E alla fine ti alzi e te ne vai. Sai solamente che non sei da nessuna parte, di preciso, immersa in una indefinita, collosa sostanza verde. Non sai cosa sia, all’improvviso non ti trovi più appiccicato addosso un solo motivo per rimanere. Ti alzi e lo sguardo punta dritto davanti a te, il passo si fa sicuro. Ti viene anche da ridere... perchè non sai dove stai andando.
Poi capisci: non puoi continuare ad aspettare che succeda qualcosa, o ti godi il viaggio o qualcosa la fai accadere tu. Questo, miei cari, vuol dire già essere in viaggio.
Mi piace l’idea del viaggio, perché puoi cambiare città come puoi cambiare te stessa nello spazio di un viaggio in treno verso casa. Puoi sovvertire tutto, ti puoi trasfigurare, la vita stessa è cambiamento : la leggenda metropolitana delle cellule che si ciclano in 7 anni e i neuroni che vanno a farsi benedire uno dopo l’altro (amara realtà…) lo dimostrano ampiamente. Modificarsi e crescere di continuo è l’unica costante della vita? La gran paranoia sui romanzi di formazione studiati al liceo dieci anni dopo ha ancora qualcosa da dirmi? Di certo inventarsi ex novo non si può, ci portiamo dietro il nostro bel bagaglio …ecco, appunto, il bagaglio...
Mi piace l’idea che tutti viaggiamo per il mondo con un retaggio culturale e sentimentale e una scorta di energie ben stoccati in un oggetto che ci assomiglia!